La riflessione di Michele Serra sulla newsletter del POST Ok Boomer è fondamentale, seria, serissima e ironica come sa essere Serra e come forse occorre essere per non lasciarsi travolgere dallo scoramento. 🙁
Dobbiamo rispondere insieme, non si esce dalla crisi della democrazia se non riusciamo a recuperare elementi di vita democratica. La manifestazione di piazza è una di queste espressioni che abbiamo, da tempo, dimenticato di praticare e adesso mi pare quasi l’unica forma di risposta e di ribellione che possiamo dare, subito, agli stronzi megagalattici che sembrano potere influenzare così profondamente e negativamente e nostre vite.
Prima che i nostri rappresentanti si sveglino cominciamo a farlo noi,
“Sabato mattina, più o meno tra il casello di Reggio Emilia e quello di Parma, assistito dai tanti tecno-ammennicoli con i quali l’automobile sorveglia la mia guida, ho elaborato un breve piano per salvare il mondo. Questo piano prevede perlomeno una cinquantina di fasi (di step, come un tempo dicevano solamente i manager e adesso anche gli elettricisti, “il prossimo step è comperare le lampadine”. Ma scusate, già mi stavo distraendo). Dicevo, questo piano di salvezza del mondo comprende, a occhio e croce, una cinquantina di fasi. Di queste, quarantanove mi sono del tutto ignote. Tanto ignote che nemmeno ho provato a immaginarle. Ma una, la prima, la so. La so con assoluta certezza. Sono sicuro, arcisicuro che è la cosa giusta da fare, che darebbe l’abbrivio a tutto il resto, che sarebbe una maniera infallibile per cominciare a sentirci, tutti quanti, un poco meno disorientati e un poco meno spaventati. Sì, io lo conosco, il primo step per salvare il mondo, e adesso ve lo dico.
Tutte le forze democratiche del vecchio continente – tante, dunque: tanti partiti di governo e di opposizione, tante associazioni, tante personalità conosciute e rispettate, tanti intellettuali, un sacco di gente nota e ignota, un immenso esercito nemmeno poi così disperso – organizzano, nello stesso giorno in ogni capitale d’Europa, una grande manifestazione per l’unità europea. Solo bandiere blu con il cerchio di stelle gialle. Non a favore dell’Ue così com’è, ma a favore di come potrebbe diventare: Stati Uniti d’Europa.
Un paio di sere prima avevo sentito Romano Prodi, ospite di Formigli, dirlo con determinazione, perfino con ansia: l’unica via da seguire, la sola salvezza, nel nuovo mondo, è l’unità europea. Il solo slogan possibile da contrapporre a Trump e alla grande adunata dei fascisti e dei sovranisti finanziata da Musk, è Make Europe Unite. Unità europea come sola salvezza contro il nazionalismo che, circa un secolo dopo le due guerre mondiali, si sta di nuovo mangiando l’Occidente e la democrazia. Odiano qualunque entità sovranazionale, i sovranisti, vedi un po’ come trattano l’Oms, la Corte dell’Aja, la Fao, l’Onu: l’affronto supremo, per loro, soprattutto per quelli dei paesi europei, sarebbe che diventasse sovranazionale anche l’Europa.
La parola “again” con la quale terminano i due acronimi di Trump e Musk (Maga e Mega) gli europeisti non la devono usare. Perché non serve. Non c’è nulla di “again”, nell’Europa Unita, nessun ritorno a improbabili splendori del passato, nessuna forza ritrovata, nessun richiamo a precedenti ordini. Esattamente il contrario: sarebbe tutto nuovo, tutto inedito, tutto sorprendente – come quando, tanti anni fa, passai dalla vecchia dogana tra Italia e Francia, sulla statale tra Ventimiglia e il Colle di Tenda, cento volte luogo di sosta e di controllo dei passaporti sulla strada delle vacanze, e la trovai chiusa, dismessa, senza doganieri; e fu un piacere piccolo ma indimenticabile, anche commovente, come se un territorio assurdamente diviso si fosse ricomposto…
Se si punta decisi all’unità europea il richiamo reazionario al passato finalmente ritroverebbe come naturale controparte la speranza di un futuro mai visto – perché così dovrebbe essere un futuro che si rispetti: fatto di cose mai viste. Ed è un elemento, la spinta verso il futuro, che la cultura progressista ha perduto da molti decenni, alla fine perdendo se stessa. Nessun progresso può darsi, tecnicamente, se non si procede in avanti.
Se la contrapposizione fascismo/antifascismo odora di Novecento, quella tra nazionalismo e unità europea è invece nuova di zecca, almeno nella seconda delle sue voci. In parte, certo, è anche il remake di una divisione antica (non c’è fascista che sia europeista, non c’è europeista che non sia antifascista: l’Europa è nata a Ventotene), ma in parte è una battaglia totalmente sconosciuta. L’Europa e i suoi nemici sono, tutti quanti, attori del Terzo Millennio.
È anche un obiettivo politico piuttosto facile da comunicare, quello dell’unità europea, non richiede troppi distinguo e troppe spiegazioni, almeno sulle prime: con Trump da una parte e Putin dall’altra, volete che il vostro paese resti da solo, tratti da solo sui dazi e tutto il resto, decida da solo sui tanti conflitti lontani e vicini, o volete che si unisca agli altri paesi europei, che diventi un soggetto sovra-nazionale, con un governo continentale che parli con una sola voce?Poi sono arrivato al casello di Parma e ho avuto il dubbio di essere un illuso, un farneticante. Però provate a pensarci: che svolta sostanziale sarebbe, se il primo punto del programma e dell’azione politica di tutte le forze progressiste europee fosse l’unità politica dell’Europa? E se milioni di cittadini europei si ritrovassero nello stesso momento a manifestare in tutte le capitali dicendo a Trump e Putin “giù le mani dall’Europa”, voi non ci andreste? Io sì. Spero che Schlein, Pedro Sánchez, Macron, Scholz e tutti gli altri mi telefonino, nei prossimi giorni, così gli spiego per bene come devono fare. A Carlo d’Inghilterra invece non rispondo fino a che non torna nell’Ue. Si dia una mossa.”
di MIchele Serra (2/2025)
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